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#fotografia #cinema #compositing
Nell’estate del 1857 il fotografo svedese Oscar Gustave Rejlander crea l’immagine che rappresenta uno dei primi esempi dell’arte del compositing. La realizza nel suo studio inglese e la intitola I due modi di vita. Si tratta di un’immagine composta da 32 immagini provenienti da altrettanti negativi su vetro. In questo modo Rejlander riesce controllare e gestire al meglio la posizione, l’illuminazione e le dimensioni dei singoli soggetti, per poi comporre il tutto nell’immagine complessiva.
L’immagine rappresenta i due modi di vita che si possono scegliere: a sinistra, domina il dionisiaco, a destra la virtù, al centro troviamo entrambi (il che, ma è una mia personale opinione, fa pensare a tre e non a due modi di vita…).
L’immagine ricevette dei riconoscimenti e qualche critica per le nudità rappresentate (comunque, non integrali). Ma la critica più forte fu quella di violare l’etica della fotografia, in quanto si tratta di un’immagine realizzata tramite “trucchi”. Disgustato da questa polemica, Rejlander smise di fare compositing.
Questa storia mostra due aspetti differenti ma entrambi fondamentali della comunicazione, non solo visiva. Da una parte, vediamo gli effetti deleteri di una censura che, il più delle volte, è guidata dai paraocchi del bigottismo e di un ipocrita pudore. Dall’altra parte emerge il tema, questo sì reale e inevitabile, dei criteri etici che chi realizza in vario modo manipolazioni delle immagini o, in generale, di quelli che oggi si chiamano “contenuti”, è tenuto a rispettare e dei possibili effetti - a volte peggiori di quelli della censura - cui la loro violazione può portare.

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