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Luca Baroni
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Luca Baroni
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2 שנים ·תרגם

#horror #cinema #kubrick #shining
Il romanzo di King, il Fantastico e il Soprannaturale, la natura di Tony, le forme degli spettri, la Steadicam, l’ultima foto, la stanza 237, Kafka e l’Overlook Hotel, la cupa follia di Jack… Shining raccontato da Stanley Kubrick.
Qui:
https://storieanomale.com/2023..../08/18/i-fantasmi-e-

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Luca Baroni
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2 שנים ·תרגם

#aforismi #frasi #pensieri
“Di cosa si sta discutendo?” chiese Nasrudin.
“Cucina,” risposero le donne.
“Ah,” le informò Nasrudin, “si dà il caso che io sia il maggior esperto di cucina di dolci che c’è in città!”
Una donna gli chiese: “Dicci, Nasrudin, che ingredienti sceglieresti?”
“Be’, può essere complicato perché dipende dagli ingredienti che si hanno a disposizione.
Accade di solito che, se c’è il burro, non ci sono le uova. Se ci sono le uova, non c’è il burro. Se ci sono sia uova che burro, manca la farina o lo zucchero. E se tutti gli ingredienti sono disponibili, allora non lo sono io.”

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Luca Baroni
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2 שנים ·תרגם

#editoria #editori #libri
Negli ultimi tempi, nel web, vedo la purulenta moltiplicazione e l’orrida diffusione di un fenomeno al cui confronto un’apocalisse zombi pare una gita a Gardaland. Mi riferisco alla moltiplicazione e alla diffusione dell’EAP (Editoria A Pagamento). Credo sia bene mettere in guardia contro questo fenomeno, ai limiti dell’illecito, che per motivi di lucro danneggia chi, in vario modo, opera in modo onesto e corretto in questo mondo, autori e potenziali autori compresi.
In genere, storicamente, la vera e seria editoria funziona così: l’autore propone (su incarico della casa editrice o di sua iniziativa) una sintesi dell’idea del libro, lunga non più di una pagina in Word o programmi simili, e parte di quello che sarebbe il primo capitolo. In questo modo la casa editrice può valutare sia la forza complessiva del progetto editoriale sia lo stile e la forza espressiva dell’autore. Se entrambe le valutazioni sono positive la casa editrice propone un contratto all’autore dove sono presenti le varie condizioni per la realizzazione e promozione del libro e paga un anticipo all’autore, il quale poi riceverà circa il 6% sulla vendita di ogni singola copia. La casa editrice si occupa di ogni fase della realizzazione fisica del libro e della sua promozione: correzione di bozze, copertina, marketing, distribuzione eccetera eccetera.
Soprattutto con la diffusione e lo sviluppo dell’editoria online (che riguarda anche la versione online di case editrici “classiche”) le modalità possono essere un po’ differenti da quelle mostrate qui sopra. Il cambiamento più diffuso credo consista nell’abolizione dell’anticipo. Altro può essere: chiedere subito l’intera opera e pagare dopo il superamento di una certa soglia rispetto alle vendite.
In ogni caso l’autore non deve mai spendere un solo centesimo per la realizzazione (fisica e/o digitale), correzione, pubblicazione e distribuzione della propria opera. Al contrario, deve sempre e comunque essere prevista una retribuzione rispetto alle vendite delle copie.
Con l’EAP invece abbiamo questa situazione: l’opera viene pubblicata perché l’autore paga affinché ciò avvenga. Non il talento ma i soldi sono il criterio secondo il quale la (pseudo) casa editrice pubblica un libro.
Ciò può avvenire direttamente, chiarendo subito che la pubblicazione avviene dietro pagamento da parte dell’autore, oppure in modo più subdolo, come, per esempio, affermare che non chiedono soldi per la pubblicazione per poi scoprire che li chiedono per il marketing e/o la distribuzione e che il pagamento di queste attività è condizione necessaria per l’avvio dei lavori di pubblicazione. E questo è solo un esempio.
Tutto questo è - non “secondo me”, stavolta: lo è e basta - un insulto a tutte quelle case editrici, soprattutto quelle piccole, che svolgono il loro lavoro con passione, sacrifici e impegno, e a tutti quegli autori che ritengono, come è giusto, che il loro lavoro debba essere valutato per il suo valore e non sulla base del loro conto in banca.

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Luca Baroni
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2 שנים ·תרגם

#misteri
Elisa Lam e l’ascensore del Cecil Hotel: il quadro fuori quadro dell’orrore.
Torniamo indietro nel tempo sino agli ultimi giorni del gennaio 2013. Composto da 19 piani e 700 camere, il Cecil Hotel si trova a Los Angeles e ai suoi ultimi piani ospita spacciatori, folli, criminali vari e prostitute. Ma, forse, la sua fama più inquietante gli deriva da essere stato, nel corso degli anni, teatro di molte disgrazie e di molti suicidi. Non ho approfondito la storia, per cui non posso dire se e quanto tali eventi luttuosi siano superiori alla media. Elisa Lam è una studentessa canadese di origini asiatiche di 21 anni, che decide di fare, da sola, un viaggio negli Stati Uniti. È affetta da psicosi bipolare per la quale prende abitualmente dei farmaci rispetto ai quali, però, sembrerebbe che durante questa vacanza abbia ridotto o proprio sospeso l’assunzione: si sente benissimo. In ogni modo, nel web basta digitare “Elisa Lam” e si trovano quintalate di articoli e video. Netflix stessa ha fatto una serie sul caso. Qui basta sapere quanto segue.
Elisa Lam arriva a Los Angeles il 26 gennaio 2013 e sceglie come hotel l’economico e imponente Cecil Hotel. Il 31 gennaio, giorno in cui avrebbe dovuto lasciare l’hotel, Elisa non si presenta al check-out né telefona ai genitori, che era solita chiamare ogni giorno. Trovano il suo cadavere il 19 febbraio in una delle cisterne poste sulla sommità del Cecil Hotel. La morte viene fatta risalire al 31 gennaio. Il video che potete vedere qui mostra le ultime immagini di Elisa prima di morire in quella cisterna. Ho tagliato la parte finale, nella quale si vede solo l’ascensore.
Il motivo per cui trovo molto interessante questo video - naturalmente con tutto il dispiacere per la tragedia avvenuta - è che rappresenta, secondo me, l’essenza di una tra le più efficaci e storiche strategie per creare tensione in un film horror (ma non solo): il fuori campo. Con una particolarità che vediamo tra poco. Il fuori campo rappresenta ciò che l’inquadratura lascia ai suoi margini. Vediamo (il video, tratto dalla telecamera sull’ascensore, è muto) Elisa compiere strani movimenti, alcuni dei quali fanno presupporre una possibile interazione con un’altra presenza: persona reale? entità proveniente da una dimensione allucinatoria? spettro? spirito? oppure nessuno ma una mimica di Elisa relativa a un gioco o a un rito? altro?
Qualsiasi sia la risposta, questa si trova fuori da ciò che possiamo vedere. I suoi gesti, i suoi movimenti, le sue espressioni sembrano molte volte reazioni all’interazione con una presenza, sulla cui natura abbiamo appena visto alcune ipotesi. Di più, ed è qui la particolarità: guardate, per esempio, Elisa quando, a sinistra del video, gesticola rivolta apparentemente a una presenza che si trova qualche metro davanti a lei. La presenza (eventuale) con la quale sta interagendo potrebbe trovarsi nello spazio racchiuso nell’inquadratura, ma non essere visibile a causa dell’ascensore.
In conclusione: sono convinto che uno dei modi più efficaci per creare tensione, mistero, forse qualche forma di paura, sia quello di stimolare percezioni dell’ignoto che incombe senza mostrare nulla che lo identifichi. Anche perché solo così permane in modo forte la natura dell’ignoto.

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Luca Baroni
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2 שנים ·תרגם

#horror
Alla classica domanda su quale sia stato il film horror che ha fatto più paura, molte persone rispondono citando non un film, ma il terzo episodio di un film antologico dal titolo “Trilogia del terrore”, un film per la televisione del 1975 con la regia di Dan Curtis. Il terzo e ultimo episodio si intitola “Amelia” e racconta di una giovane donna - Amelia, appunto - che riceve per regalo dal suo fidanzato una statuetta - un feticcio Zuni - che, secondo la pergamena che l’accompagna, racchiude uno spirito malvagio, il quale, nel caso in cui la catenella che avvolge la vita del feticcio venga staccata, scatenerebbe tutto il male che è in lui. Manco a dirlo, è proprio ciò che accade. La statuetta prende vita e cerca di uccidere Amelia. La quale si difende in ogni modo e arriva anche a bruciare il feticcio, con il risultato, però, che lo spirito malvagio passa in lei, possedendola.
Io ho visto questo film quando ero bambino e mi ha messo un’angoscia e un terrore che non riesco neanche adesso a descrivere a parole. L’ho rivisto qualche mese fa e l’effetto, benché attenuato dalle esperienze e dal sapere come sarebbe andato a finire, almeno in parte è rimasto. Quindi, adesso spiego perché, secondo me, questo episodio ha un tale potere di disturbare e fare paura.
Qualche tempo fa, durante un colloquio online, dopo che avevo raccontato di due episodi di due persone che avevo conosciuto e che avevano mostrato, in differente modo, un terrore eccessivo per le bambole, il ragazzo con il quale parlavo mi ha parlato della “pediofobia”. Si tratta della paura irrazionale di “tutto ciò che ha le fattezze di un essere vivente senza esserlo” [1] ed è una forma della “automatonofobia” che, oltre alle bambole, comprende automi, robot eccetera. “Una bambola antropomorfa di plastica o porcellana rientra in ciò che l’esperto di ingegneria robotica giapponese degli anni Settanta Masahiro Mori chiamò famosamente “uncanny valley”, un limbo in cui la coscienza umana riconosce qualcosa di vagamente simile a una figura della sua specie, ma nel contempo abbastanza diversa da fare percepire inquietudine e spaesamento” [2].
Ho citato il colloquio con quel ragazzo perché, dopo qualche ricerca nel web, la sua rimane, secondo me. la migliore definizione, che, a memoria, è tipo “Questa bambole fanno paura perché hanno l’aspetto di un essere umano vivo ma congelato sempre nella stessa espressione”.
Ma allora perché, a me come a molte altre persone, “Amelia” ha sconvolto in modo che nessuna “Annabelle” o nessun “Chucky” ha fatto?
Semplice. In “Annabelle” e in “Chucky” abbiamo lo spirito di un essere umano che possiede una bambola, con le note conseguenze (questo post prevede che chi lo legge conosca entrambi i film). In “Amelia” accede l’opposto: uno spirito malvagio, ancestrale, passa da una “bambola” (il feticcio Zuni) a un essere umano (Amelia). Questo credo sia il fattore più sconvolgente: non una bambola che viene umanizzata ma un essere umano che assume le personalità di una bambola. Certo, dirà qualcuno, ma in tutti i film di possessioni demoniache e di zombie ci sono esseri umani che mutano in qualcosa di malvagio o comunque non umano e pericoloso. Vero. Però, in questo caso, quello che tocca le corde più profonde di chi vede questo episodio, è che, da qualche parte dentro di noi, la “uncanny valley” è reale, o potrebbe esserlo.
Fonti
[1] https://www.focus.it/comportam....ento/psicologia/perc
[2] https://www.rivistastudio.com/....pediofobia-paura-bam

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