#horror
Alla classica domanda su quale sia stato il film horror che ha fatto più paura, molte persone rispondono citando non un film, ma il terzo episodio di un film antologico dal titolo “Trilogia del terrore”, un film per la televisione del 1975 con la regia di Dan Curtis. Il terzo e ultimo episodio si intitola “Amelia” e racconta di una giovane donna - Amelia, appunto - che riceve per regalo dal suo fidanzato una statuetta - un feticcio Zuni - che, secondo la pergamena che l’accompagna, racchiude uno spirito malvagio, il quale, nel caso in cui la catenella che avvolge la vita del feticcio venga staccata, scatenerebbe tutto il male che è in lui. Manco a dirlo, è proprio ciò che accade. La statuetta prende vita e cerca di uccidere Amelia. La quale si difende in ogni modo e arriva anche a bruciare il feticcio, con il risultato, però, che lo spirito malvagio passa in lei, possedendola.
Io ho visto questo film quando ero bambino e mi ha messo un’angoscia e un terrore che non riesco neanche adesso a descrivere a parole. L’ho rivisto qualche mese fa e l’effetto, benché attenuato dalle esperienze e dal sapere come sarebbe andato a finire, almeno in parte è rimasto. Quindi, adesso spiego perché, secondo me, questo episodio ha un tale potere di disturbare e fare paura.
Qualche tempo fa, durante un colloquio online, dopo che avevo raccontato di due episodi di due persone che avevo conosciuto e che avevano mostrato, in differente modo, un terrore eccessivo per le bambole, il ragazzo con il quale parlavo mi ha parlato della “pediofobia”. Si tratta della paura irrazionale di “tutto ciò che ha le fattezze di un essere vivente senza esserlo” [1] ed è una forma della “automatonofobia” che, oltre alle bambole, comprende automi, robot eccetera. “Una bambola antropomorfa di plastica o porcellana rientra in ciò che l’esperto di ingegneria robotica giapponese degli anni Settanta Masahiro Mori chiamò famosamente “uncanny valley”, un limbo in cui la coscienza umana riconosce qualcosa di vagamente simile a una figura della sua specie, ma nel contempo abbastanza diversa da fare percepire inquietudine e spaesamento” [2].
Ho citato il colloquio con quel ragazzo perché, dopo qualche ricerca nel web, la sua rimane, secondo me. la migliore definizione, che, a memoria, è tipo “Questa bambole fanno paura perché hanno l’aspetto di un essere umano vivo ma congelato sempre nella stessa espressione”.
Ma allora perché, a me come a molte altre persone, “Amelia” ha sconvolto in modo che nessuna “Annabelle” o nessun “Chucky” ha fatto?
Semplice. In “Annabelle” e in “Chucky” abbiamo lo spirito di un essere umano che possiede una bambola, con le note conseguenze (questo post prevede che chi lo legge conosca entrambi i film). In “Amelia” accede l’opposto: uno spirito malvagio, ancestrale, passa da una “bambola” (il feticcio Zuni) a un essere umano (Amelia). Questo credo sia il fattore più sconvolgente: non una bambola che viene umanizzata ma un essere umano che assume le personalità di una bambola. Certo, dirà qualcuno, ma in tutti i film di possessioni demoniache e di zombie ci sono esseri umani che mutano in qualcosa di malvagio o comunque non umano e pericoloso. Vero. Però, in questo caso, quello che tocca le corde più profonde di chi vede questo episodio, è che, da qualche parte dentro di noi, la “uncanny valley” è reale, o potrebbe esserlo.
Fonti
[1] https://www.focus.it/comportam....ento/psicologia/perc
[2] https://www.rivistastudio.com/....pediofobia-paura-bam

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