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«Ora è finita. Qui non si è mai trattato di cercare di essere liberato. Non ho voluto mai la libertà. Sinceramente, volevo la pena capitale per me stesso. Qui si è trattato di dire al mondo che ho fatto quello che ho fatto, ma non per ragioni di odio. Non ho odiato nessuno. Sapevo di essere malato, o malvagio o entrambe le cose. Ora credo di essere stato malato. I dottori mi hanno parlato della mia malattia, e ora mi sento in pace. So quanto male ho causato… Grazie a Dio non potrò più fare del male. Credo che solo il Signore Gesù Cristo possa salvarmi dai miei peccati…non chiedo attenuanti.»

Questo è il testo della lettera che Jeffrey Dahmer, conosciuto dal mondo come il cannibale di Milwaukee, scrisse al giudice incaricato del processo.

In tredici anni di attività criminale ha ucciso e fatto a pezzi 17 uomini.

Condannato a 15 ergastoli per un totale di 937 anni di carcere, morirà due anni dopo la reclusione all’interno del Columbia Correctional Institute di Portege per mano di un altro detenuto, Christopher Scarver, che gli fracasserà il cranio con un bilanciere.

Era il 28 Novembre 1994.

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