Dopo essere rientrato dallo spazio, l'astronauta Edgar Mitchell disse: "Ti succede qualcosa là fuori: sviluppi all'istante una coscienza globale, un orientamento verso la gente, un’intensa insoddisfazione verso lo stato delle cose ed una compulsione di fare qualcosa per migliorarlo".
Si chiama "overview effect", l'effetto della visione d'insieme, ed è un termine ideato nel 1987 dallo scrittore Frank White per descrivere un fenomeno psicologico ora ben documentato in centinaia di astronauti. È una sensazione di profonda interconnessione con l'universo, di meraviglia e stupore così profondi da lasciare senza fiato.
È qualcosa di profondamente spirituale (badate, non religioso, che è solo una delle espressioni della spiritualità). Molti astronauti dopo i loro viaggi si sono dedicati alla meditazione trascendentale, all'attivismo politico e sociale, al patrocinio di iniziative per il miglioramento della condizione umana e degli ecosistemi, e così via.
Probabilmente alla base dell'effetto c'è una componente fisiologica, come le conseguenze della microgravità che aumentano l'afflusso di sangue al cervello e l'intensità delle emozioni, ma quella psicologica non è certamente da trascurare. In certi frangenti è possibile sperimentare l'effetto prospettiva anche qua sulla Terra, anche se non è facile.
Personalmente credo mi sia successo qualche volta (anche se dubito con l'intensità sperimentata dagli astronauti lassù), spesso mentre sto usando simulatori 3D dello spazio come Celestia, Space Engine o Google Earth, o quando leggo le opere di grandi divulgatori come Margherita Hack, Carl Sagan o Richard Dawkins, persone che a loro volta hanno sperimentato grazie ai loro studi e alla loro passione questo effetto di prospettiva. È difficile da descrivere, ma è il carburante infuocato che guida la mia passione per la scienza e per la divulgazione e che mi spinge a scrivervi queste quattro parole confuse. La prima volta fu a 7 anni, in osservatorio astronomico, davanti alle immagini all'oculare di Giove e delle Pleiadi. In quel momento compresi che non avrei potuto fare altro nella vita.
È l'idea che le scale spaziali e temporali sono così incredibilmente vaste da rendere ogni compimento e litigio umano insignificanti. Il tutto sottoposto alle leggi indistruttibili dell'universo, che a stento abbiamo incominciato a capire.
L'effetto può venire scatenato anche da cose a cui spesso non facciamo caso. Un esempio? La risacca del mare. Qualche anno fa ero in spiaggia di notte, e sono stato colpito come un martello dalla consapevolezza che quel suono, placido e ripetitivo, si ripete indefinitamente da quando la Terra si è formata. E che è presente anche su qualsiasi altro corpo celeste sia dotato di acqua liquida, e la Terra non è certo l'unica nell'universo. In quel momento ho sfiorato con la punta delle dita la comprensione dell'idea di infinito, immortale ed eterno.
Fonte: Chi ha paura del buio?
Image Credits: NASA, Photo ID ISS007-E-10807