Queste immagini arrivano dagli Stati Uniti.
Manifestazioni oceaniche, più di 2.600 in tutto il Paese, per denunciare la deriva autoritaria di Donald Trump e il suo tentativo di trasformare la presidenza in un trono.
Washington, New York, Boston, Chicago, Philadelphia, ovunque: milioni di persone in piazza per dire una cosa semplice e gigantesca: “No Kings”. Nessun re. Nessun uomo sopra la democrazia.
A Times Square sventolavano cartelli con scritto “I pledge allegiance to no king”, “Giuro fedeltà a nessun re”.
A Boston e Chicago, intere piazze intonavano “No more Trump”.
In Kentucky, anche nei feudi repubblicani, cittadini comuni hanno alzato la voce: basta con un governo che minaccia giornalisti, deporta famiglie, perseguita oppositori e tenta di riscrivere la Costituzione a suo uso e consumo.
È un movimento imponente, trasversale, civile.
Un popolo che ha deciso di ricordare a Donald Trump che la democrazia americana non è proprietà privata di chi la governa.
Finalmente.
Coppio da una paggina
Se sei un uomo, prima o poi ti accorgerai di una verità dura, di quelle che non si vorrebbero mai vedere in faccia. L’amore incondizionato non è stato pensato per te. I bambini lo ricevono semplicemente esistendo. Le donne, anche. Perfino gli animali vengono amati senza dover dimostrare nulla. Ma tu… tu sarai amato solo finché servirai, finché darai, finché sarai all’altezza delle aspettative. Il giorno in cui smetterai di farlo, lo capirai tutto in una volta. L’amore per un uomo, quasi sempre, arriva con delle condizioni scritte in piccolo.
Copincollo 🥹
Mi chiamo Gianni, ho 72 anni,
Tre mesi fa ho fatto la follia più bella della mia vita:
ho venduto casa e mi sono trasferito in un appartamento universitario.
I miei figli pensavano scherzassi.
Mia nuora ha detto: “È la crisi dei 70”.
Io le ho risposto: “No, è la crisi dei silenzi”.
Dopo la mor*e di mia moglie, la casa era diventata grande come uno stadio e silenziosa come una chiesa dopo la messa.
Così ho messo l’annuncio, ho venduto tutto, e mi sono trasferito in un trilocale con tre ragazzi dell’università.
La prima sera, mi hanno accolto con una birra e una domanda:
— “Nonno, ma tu fumi?”
Ho risposto:
— “No, ma se serve per fare gruppo posso pensare al thè deteinato.”
All’inizio ero spaesato.
Musica a palla, gente che entra ed esce, piatti nel lavello come reperti storici.
Poi ho capito che non ero il “vecchio”, ero il custode dell’ordine e della moka.
Gli cucino la pasta, li sveglio quando hanno esami, e in cambio loro mi hanno insegnato a usare Spotify e a dire “bro” senza sembrare minaccioso.
Una sera mi hanno portato in un locale universitario.
Mi hanno detto: “Tranquillo, è karaoke”.
Ho cantato Battisti.
Mi hanno filmato.
Ora su TikTok ci sono io, con 90.000 like e il commento “il nonno vibes”.
Pago l’affitto come tutti, partecipo alle pulizie e ogni tanto lascio cinquanta euro sul tavolo “per le birre”.
Loro li chiamano “fondi Erasmus interno”.
Mi chiedono se non mi manca la mia vecchia casa.
Rispondo di no.
Perché lì avevo i ricordi, ma qui ho il rumore della vita.
C’è una linea che non dovrebbe mai essere superata in una democrazia. Una linea che separa il dissenso dal ricatto, la critica dall’intimidazione, la libertà dall’imposizione del silenzio.
Quella linea è stata infranta con il fragore dell’esplosione che ha distrutto due auto di Sigfrido Ranucci, davanti alla sua abitazione. Il bersaglio è Ranucci, certo.
Ma è anche il mestiere che incarna: il giornalismo d’inchiesta. Il giornalismo che fa domande scomode, che non si accontenta dei comunicati stampa, che apre i fascicoli chiusi e legge tra le righe dei poteri.
È un avvertimento che suona come una lezione vigliacca: chi cerca la verità, chi indaga, chi espone le complicità tra crimine e potere, può saltare in aria.
Non c’è solo Ranucci, ci sono decine di giornalisti minacciati ogni anno in Italia. Non può bastare la solidarietà. Serve una reazione vera, urgente, all’altezza del pericolo. Lo Stato ha il dovere, oggi più che mai, di mostrare che chi tocca un giornalista, tocca un pezzo della Repubblica Italiana.
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